Giovedì 7 Aprile 2016
ore 19:00


Conferenze e materiale multimediale in lingua portoghese:


"La toponomastica brasiliana di origine TUPI"

a cura di Susanna Ribeca.

"AWA GUAJA: gli ultimi della foresta"

a cura di Valeria Amorim


presso l'Auditorium della scuola "San Francesco d'Assisi"
Piazza Francesco Borgoncini Duca, 5 Roma



La toponomastica è lo studio del significato dei nomi dei luoghi. La toponomastica brasiliana di origine TUPI è un argomento affascinante e poco conosciuto anche da coloro che amano e frequentano il Brasile. I nomi delle località assegnati dagli indios, ripresi in seguito dai bandeirantes che esploravano l’interno della colonia portoghese, ci dicono molto sulla mentalitá al tempo stesso pratica e poetica dei popoli indigeni.

Nel caso del Brasile, i toponimi di origine tupi sono migliaia e rappresentano la grande eredità che gli indios hanno lasciato a noi contemporanei. Nel 1985, ad Angra dos Reis, si verificò un incidente molto grave che distrusse il laboratorio di Radioecologia della centrale nucleare Almirante Álvaro Alberto, costruita nel 1970 in una località che gli indios, da più di 500 anni, chiamavano Itaoma.

BrasilVivo - Associazione di cultura brasiliana e corsi di lingua portoghese

Le frane staccatesi dei pendii della Serra do Mar, provocate da piogge eccezionali, fecero danni per 8 miliardi di cruzeiros. Gli ingegneri responsabili della costruzione della centrale nucleare evidentemente non sapevano che il nome dato dagli indios a quella località conteneva un’informazione sulla struttura del suolo, minato dalle acque. Solo dopo l’incidente scoprirono che Itaoma, in lingua tupinambá, significa, appunto, “pietra marcia”.

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Quante volte ci saremo domandati: “Cosa significa Iguaçu? Cosa significa Ipanema? Sono parole strane, la cui pronuncia è oramai adulterata e il cui significato nessuno capisce, sono nomi delicati e sonori, ottimi per designare i vari luoghi e che, una volta decifrati, ci rivelano molto del popolo che li ha elaborati.
Riappropriarsi del senso di questo nomi brasiliani è anche un pretesto per conoscere la lingua tupi, che il gesuita padre Anchieta (colui che elaborò la prima grammatica di questo idioma) comparava per la sua perfezione al greco e che fino all’inizio del secolo XVIII veniva parlata dalla gran parte della popolazione della colonia.

Seguendo gli antichi sentieri percorsi dagli esploratori a caccia di oro e schiavi ed utilizzando i primi rudimenti della lingua tupi, impareremo a decifrare il significato di vocaboli quali “Pirassununga”, “Ubatuba” e “Iguaçu”, e a penetrare il processo mentale e linguistico attraverso cui i nomi dei luoghi prendevano forma nella mente delle popolazioni native.


Susanna Ribeca, Nata a Terni, dopo la laurea in Economia all’Università “La Sapienza” decide di stabilirsi a Roma, dove lavora in un’impresa di telecomunicazioni. Dal 1997 frequenta i corsi del Centro Studi Brasile-Italia approfondendo, anche autonomamente, varie tematiche legate al Brasile. Coltiva un progetto di ricerca e divulgazione di testi, film e autori brasiliani poco conosciuti in Italia. Ha tradotto, infatti, il libro “Hilda Furacão” dello scrittore brasiliano Roberto Drummond, considerato uno dei 100 migliori romanzi redatti in lingua portoghese e ancora inedito in Italia. Nel 2015 ha partecipato al progetto “Gioia” volto al recupero delle radici lusofone dei cittadini italiani di origine capoverdiana e finalizzato a favorire la comunicazione con i parenti non emigrati.



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foto: Pedrinho (aka Pietro Ruffolo)

Gli Awa Guaja sono un popolo indigeno composto da poco più di 360 persone, che abitano tre terre indigene nel nord-ovest (820.000 ettari di terre) dello stato del Maranhão. Questo popolo parla una lingua della famiglia tupi-guarani, il Guaja ed è conosciuto come uno dei popoli indios più minacciati del Brasile tramite una recente campagna volta ad evidenziare la loro causa. Purtroppo, vivevano in una zona di confluenza tra gli interessi dell'agribusiness e l'industria mineraria, le pressione del disboscamento illegale e i flussi migratori delle città più povere del Nordest.

Negli anni 80, con l'implementazione del Progetto Carajás (progetto di sviluppo finanziato dall'Unione Europea e dalla Banca Mondiale che prevedeva, tra le altre cose, la costruzione di una miniera e di una ferrovia) gli Awa-Guaja furono contattati e insediati in quattro comunità. Le conseguenze furono disastrose, molti morirono di influenza o malaria e la popolazione è stata ridotta drasticamente.
Una parte della popolazione Awa-Guaja, circa 50-60 persone, vivono in una situazione di isolamento volontario, senza contatto con la civiltà moderna e si muovono non solo sul territorio Awa-Guaja ma anche per altre terre indigene della regione che appartengono ad altri popoli. Vivono in fuga, utilizzando la foresta come rifugio ed evitano ogni contatto con i "bianchi".

BrasilVivo - Associazione di cultura brasiliana e corsi di lingua portoghese

foto: Pedrinho (aka Pietro Ruffolo)

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foto: Pedrinho (aka Pietro Ruffolo)

A queste difficoltà si aggiunge il fatto che per mantenere il loro stile di vita come cacciatori-raccoglitori nomadi, gli Awa-Guaja hanno bisogno che la loro foresta sia preservata. Invece nel 2009 il territorio Awa ha subito il più alto tasso di deforestazione.
Gli indigeni che vivono incontattati sono particolarmente vulnerabili. Ancor oggi gruppi di indigeni incontattati si uniscono agli Awa-Guaja che vivono nei villaggi. Uno dei fattori che stanno portando alla approssimazione dei gruppi isolati è la paura di nuovi attacchi dei tagliatori illegali di foresta.

Valeria Amorim, ex missionaria laica CIMI-MA Conselho Indigenista Missionário - Regional Maranhão.
* Sito: cimi.org.br
* E-mail: cimima@veloxmail.com.br